Il trattamento multidisciplinare dei
tumori con interessamento della
milza
La milza
La milza è un organo che ha dimensioni di 10-12 cm; è situata al di sotto del diaframma, nella parte superiore sinistra dell’addome, racchiusa dalla gabbia toracica, ed è dotata di una capsula fibrosa che la ricopre. Essa è riccamente vascolarizzata, è parte del sistema linfatico ed ha primariamente una funzione immunitaria di difesa dell’organismo. In caso debba essere asportata, l’individuo è esposto maggiormente ad alcune infezioni batteriche, ma non essendo un organo vitale, le sue funzioni possono essere in gran parte vicariate. La milza è costituita da due tipi di tessuto: la polpa bianca, formata da cellule del sistema immunitario (linfociti T e B), e la polpa rossa, che svolge una funzione di filtro del sangue eliminando i prodotti di rifiuto ed i globuli rossi vecchi o danneggiati.
Tipi di tumori della milza
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I tumori della milza sono molto rari e si dividono in primitivi, cioè ad origine da cellule che compongono l’organo, principalmente appartenenti al sistema immunitario, e secondari, cioè provenienti da tumori originati in altri organi che si impiantano nella milza come sede di metastasi a distanza. Vi sono poi diversi tumori benigni quali gli angiomi, gli amartomi e i linfangiomi, più frequenti e che non necessitano di solito di alcun trattamento ma solo di osservazione nel tempo.
La milza è una sede frequentemente interessata in caso di leucemie (che originano da cellule ematopoietiche, cioè progenitrici delle varie cellule del sangue) e linfomi (a partenza da cellule del sistema immunitario). Questi ultimi, sia Hodgkin sia non-Hodgkin, sono i tumori più frequenti in questo organo. Mentre i linfomi primitivi splenici sono rari (1% dei casi, generalmente non-Hodgkin), il coinvolgimento splenico da linfomi originati in altre sedi riguarda fino al 40% dei casi alla diagnosi. La milza è sede di malattia in quasi tutti i casi di leucemia (acuta e cronica), con conseguente notevole ingrossamento dell’organo (splenomegalia). Altri tumori primitivi della milza comprendono principalmente i tumori derivanti dalle cellule di rivestimento dei vasi all’interno della milza. Infine, la milza può occasionalmente essere sede di metastasi di altri tumori; tra le possibili origini ci sono le neoplasie del polmone, della mammella, dello stomaco, del fegato ed i melanomi.
Diagnosi
Nel sospetto di un tumore della milza è fondamentale un inquadramento diagnostico
che tenga contro delle possibili cause alternative non tumorali che portano ad un
ingrossamento della milza, procedendo innanzitutto con un’accurata raccolta di
informazioni sui sintomi e sulla storia clinica e su possibili fattori di rischio.
Fattori di rischio
I tumori primitivi della milza si sviluppano generalmente in soggetti di età adulta e
possono essere legati a condizioni di immunodeficienza. Anche alcune infezioni virali
e l’esposizione a radiazioni o a sostanze chimiche cancerogene possono favorire lo
sviluppo di questi tumori, oltre a storie familiari di linfoma o leucemia.
Evoluzione della malattia e prognosi
I tumori primitivi che più frequentemente colpiscono la milza sono i linfomi, classificati
in quattro stadi di gravità a seconda dell’estensione della malattia, e i sarcomi. Per le
metastasi spleniche, la prognosi è legata al tipo di neoplasia, alla diffusione in altri
organi, alla risposta alla chemioterapia e alla possibilità di asportazione chirurgica.
Terapie
Il trattamento del tumore della milza dipende dal tipo di malattia, dallo stadio e
dalle condizioni di salute del paziente. Le terapie sono generalmente la
chemioterapia e la radioterapia. La chirurgia nelle malattie ematologiche della
milza è legata al trattamento di complicanze e per i tumori vascolari benigni
o maligni, la chirurgia è l’unica opzione curativa.
Dopo le terapie
Le funzioni della milza sono in gran parte vicariate da altri organi e la sua assenza non
comporta sostanziali modifiche delle abitudini e della qualità di vita. Tuttavia, i pazienti
sottoposti a splenectomia sono più suscettibili ad alcuni tipi di infezioni batteriche, ed è
necessario eseguire alcune vaccinazioni per proteggere questi soggetti.
Prevenzione
Data l’assenza di forti fattori di rischio non esistono strategie di prevenzione specifiche per i tumori della milza, per i quali vale la regola generale di evitare l’esposizione a sostanze chimiche cancerogene o a radiazioni.
Sintomi
I tumori della milza sono generalmente asintomatici nelle fasi precoci. Le manifestazioni cliniche sono accompagnate dalla comparsa, nei casi avanzati, di un ingrossamento significativo della milza, la cosiddetta splenomegalia (tipico anche di altre condizioni non neoplastiche, come la cirrosi), massa palpabile o dolore nella parte alta sinistra dell’addome, al di sotto dell’arcata costale, e disturbi della digestione o nausea dovuti alla compressione sullo stomaco. Altri sintomi che possono essere associati alle neoplasie spleniche sono: stanchezza, febbricola serotina (che si manifesta nelle ore del tardo pomeriggio), sudorazioni notturne, linfonodi ingrossati in altre sedi, perdita di peso, dolore alle ossa e alle articolazioni, tendenza a sviluppare ematomi o difficoltà all’emostasi spontanea dei sanguinamenti. Il lieve stato immunodepressivo causato dalla perdita della funzione della milza può in alcuni casi dare luogo a infezioni frequenti o a una sintomatologia parainfluenzale. Tale corteo sintomatologico è piuttosto vago e può derivare da varie patologie oncologiche e non, e solo un’attenta valutazione clinica può orientare i sospetti verso la milza. Infine, una milza notevolmente ingrossata può andare incontro a rottura spontanea, con abbondante sanguinamento all’interno della cavità addominale, quadro acuto che richiede in genere un intervento chirurgico urgente ma che può essere la prima grave manifestazione di neoplasie spleniche.
Nel sospetto di un tumore della milza, estremamente raro, è fondamentale un inquadramento diagnostico complessivo che tenga contro delle possibili cause alternative non tumorali che portano ad un ingrossamento della milza (ad esempio nel paziente con cirrosi epatica), procedendo innanzitutto con un’accurata raccolta di informazioni sui sintomi e sulla storia clinica (anamnesi) e su possibili fattori di rischio (familiarità per linfomi o leucemie, esposizione a cancerogeni o radiazioni).
Nei quadri di splenomegalia marcata la semplice palpazione dell’addome è in grado di confermare l’ingrossamento della milza. Gli esami del sangue servono in prima battuta per individuare alterazioni delle cellule ematiche che in alcuni casi possono associarsi a linfomi o leucemie che coinvolgono la milza. Tuttavia, la metodica di scelta per diagnosticare un tumore della milza è la diagnostica radiologica per immagini. L’ecografia dell’addome è l’esame di primo livello per visualizzare la milza ed eventuali masse al suo interno, mentre la TAC o la risonanza magnetica sono più precise nel definire la natura e il tipo di lesione, i rapporti con i grossi vasi che irrorano la milza e con le strutture contigue (coda del pancreas, stomaco, colon, surrene e rene sinistro) e l’eventuale diffusione del tumore ad altri distretti corporei. La PET è una metodica di medicina nucleare che sfrutta un tracciante radioattivo legato al glucosio, che viene captato avidamente dal tumore, utilizzata sia per confermare la natura maligna della massa sia per identificare altre sedi di malattia nell’organismo.La biopsia (prelievo di un campione tumorale per l’esame istologico), usualmente impiegata per la diagnosi di molti tumori, è solitamente controindicata sulla milza per l’elevato rischio emorragico legato alla ricca vascolarizzazione dell’organo e può in alcuni casi essere sostituita da un prelievo citologico (di cellule anziché di frammenti di tessuto), eseguito con un ago più sottile. Nel caso in cui si sospetti una patologia ematologica può essere richiesto un esame istologico del midollo (biopsia osteo-midollare), ottenuto attraverso un ago che perfora un osso del bacino (cresta iliaca) e preleva un campione di midollo al fine di identificare un’invasione a tale livello di una leucemia o di un linfoma.
I tumori primitivi della milza (linfomi, leucemie e sarcomi) si sviluppano generalmente in soggetti di età adulta e possono essere legati a condizioni di immunodeficienza (per indebolimento del sistema immunitario, ad esempio in caso di AIDS, o in seguito a terapie immunosoppressive croniche in pazienti che hanno subito un trapianto d’organo). Anche alcune infezioni virali e l’esposizione a radiazioni o a sostanze chimiche cancerogene possono favorire lo sviluppo di questi tumori. Infine, una storia familiare di linfoma o leucemia rappresenta un possibile fattore di rischio.
Una condizione patologica non oncologica che riguarda la milza e che è spesso considerata nei pazienti con problematiche di cirrosi epatica è la splenomegalia da ipertensione portale: un rigonfiamento patologico della milza a causa del ristagno di sangue che ha un passaggio rallentato dal fegato a causa della cirrosi.
Come abbiamo visto i tumori primitivi che più frequentemente colpiscono la milza sono i linfomi, classificati in quattro stadi di gravità crescente a seconda dell’estensione della malattia (numero delle localizzazioni e sedi interessate). Esistono molti tipi di linfomi, identificati sulla base delle caratteristiche istologiche (cioè l’analisi al microscopio delle biopsie). L’aggressività biologica e conseguentemente le prognosi sono molto variabili e dipendono strettamente dal tipo di linfoma, da parametri istologici e molecolari specifici e dalla risposta ai trattamenti.
Anche i sarcomi vengono classificati in quattro stadi, facendo riferimento come per altri tumori solidi al sistema TNM di stadiazione, dove T indica l’estensione del tumore primitivo, N il coinvolgimento linfonodale e M la presenza di metastasi a distanza. Gli angiosarcomi della milza sono generalmente molto aggressivi, con una spiccata tendenza alla diffusione metastatica ai linfonodi e ad altri organi (fegato, polmone, ossa); vi è inoltre un alto rischio di rottura della milza, con notevole aggravamento della prognosi. Tuttavia, nei casi in cui il tumore è diagnosticato precocemente, un’asportazione chirurgica radicale può essere curativa.
Per quanto riguarda i secondarismi splenici da altri tumori (metastasi spleniche) la prognosi è legata al tipo di neoplasia, alla diffusione metastatica in altri organi, alla risposta alla chemioterapia e alla possibilità di eradicazione chirurgica di tutte le sedi di malattia.
Il trattamento del tumore della milza dipende dal tipo di malattia, dallo stadio (cioè dall’estensione locale e della diffusione a distanza) e dalle condizioni di salute generale del paziente.
Generalmente, le terapie di scelta per linfomi e leucemie in cui il coinvolgimento splenico sia associato ad altre sedi sono la chemioterapia e la radioterapia. Sia il tipo e l’associazione di farmaci chemioterapici sia i protocolli di radioterapia (dose di radiazioni e numero di sedute) dipendono dal tipo e dall’estensione della malattia. L’interessamento della milza da parte di questi tumori non richiede in genere alcun trattamento aggiuntivo specifico. Alcuni casi di linfomi con aggressività biologica limitata (indolenti), in stadio precoce e senza sintomi, non richiedono alcun trattamento attivo, ma viene unicamente impostato un monitoraggio della malattia, rimandando l’eventuale terapia medica (chemioterapia) al peggioramento della situazione. In altri casi di leucemie aggressive associate a splenomegalia molto marcata, con conseguente imponente distruzione di globuli rossi (anemia), globuli bianchi (leucopenia) e piastrine (piastrinopenia) ad opera della milza (condizione detta di ipersplenismo), può essere indicato un intervento chirurgico di asportazione della milza (splenectomia) al fine di ripristinare i normali livelli delle cellule del sangue.
Fonte: scienzedirect.com
Pertanto, la chirurgia nelle malattie ematologiche che interessano la milza ha un ruolo confinato al trattamento delle complicanze, soprattutto l’ipersplenismo e la rottura splenica, evento temibile che richiede un intervento chirurgico in urgenza. Tuttavia, nei rari casi di linfoma primitivo della milza il trattamento consiste nella splenectomia terapeutica. Per quanto riguarda i tumori vascolari benigni o maligni della milza, la chirurgia è l’unica opzione potenzialmente curativa. L’invasività locale di eventuali tumori maligni o il pericolo di rottura di tumori vascolari benigni indica di frequente l’asportazione chirurgica radicale. Essa può frequentemente comportare oltre all’asportazione della milza anche quella del corpo-coda del pancreas, dello stomaco e a volte di parti del colon, del surrene o del rene sinistro. Anche quando un sarcoma della milza può essere asportato le terapie mediche (chemioterapia e radioterapia) possono avere un ruolo sia in forma adiuvante (dopo l’intervento chirurgico, per eliminare l’eventuale residuo di cellule tumorali) sia neoadiuvante (prima dell’intervento chirurgico, per ridurre le dimensioni del tumore e facilitare la resezione). Per i tumori benigni, l’intervento terapeutico della asportazione chirurgica è in genere risolutivo e non comporta ulteriori terapie.
Infine, il trattamento delle metastasi alla milza da altri tumori è primariamente medico e si avvale della chemioterapia sulla base del tipo di neoplasia primitiva. Tuttavia, in alcuni casi di metastasi isolate della milza o di quadri di diffusione metastatica limitata (ad esempio poche metastasi al fegato oltre al secondarismo splenico) l’asportazione chirurgica, generalmente con un intervento di splenectomia, può dare un significativo vantaggio in termini prognostici rispetto alla sola terapia medica.
Le funzioni della milza sono in gran parte vicariate da altri organi e l’assenza della milza non comporta sostanziali modifiche delle abitudini e della qualità di vita. Tuttavia, i pazienti sottoposto a splenectomia sono più suscettibili ad alcuni tipi di infezioni batteriche, ed è quindi necessario eseguire alcune vaccinazioni (anti-pneumococcus, anti-meningococcus e anti-haemophilus influenzae) per proteggere questi soggetti.
Dopo il completamento delle terapie viene impostato un programma di controlli periodici con i seguenti obiettivi:
- identificare precocemente un’eventuale recidiva del tumore
- valutare e trattare le possibili complicanze o effetti avversi delle terapie
- fornire supporto riabilitativo e psicologico per facilitare il ritorno alla vita normale.
Nel corso dei controlli vengono eseguite una revisione clinica, un esame obiettivo, degli esami del sangue comprensivi dei markers tumorali (variabili a seconda del tipo di tumore asportato) e degli esami strumentali (TAC, RM, PET).
Il trattamento multidisciplinare dei tumori con interessamento della milza all’Istituto dei Tumori di Milano
La milza
Il tumore della milza, proprio per la pluralità di origini che può avere, richiede per una gestione ottimale l’integrazione di competenze diverse in ambito multidisciplinare. All’interno del nostro Istituto già nelle prime fasi della valutazione vengono coinvolti professionisti appartenenti a diverse discipline che, attraverso discussioni collegiali, definiscono il percorso ottimale per il completamento dell’iter diagnostico e per l’avvio del programma terapeutico. Queste valutazioni tengono conto sia dei più recenti avanzamenti in ciascun campo sia della specifica situazione di ogni paziente, determinata non solo dalla presentazione del tumore, ma anche dalle condizioni generali e dalle co-morbidità, al fine di preservare la migliore qualità e quantità di vita. Ogni strategia decisa viene discussa e valutata assieme al/alla paziente e ai suoi famigliari in una logica di informazione e di attenzione alle esigenze e alle aspettative di ciascuno.
Gli specialisti coinvolti nella valutazione di pazienti affetti da tumore della milza afferenti all’Istituto dei Tumori sono gli stessi appartenenti al Gruppo dei tumori del Pancreas (vedi paragrafo specifico in questo sito). Per le neoplasie con origine ematologica al gruppo suddetto si aggiunge il contributo dell’ematologo ed emato-oncologo a cui spetta la definizione della migliore strategia e il coinvolgimento di altri specialisti, come il chirurgo, il gastroenterologo, l’infettivologo e l’emato-patologo.
Nell’area dell’oncologia chirurgica dei tumori dell’addome superiore e del primo tratto dell’apparato digerente, a cui il Gruppo chirurgico dei Milan Criteria appartiene, il coinvolgimento terapeutico più frequentemente impiegato consiste nella asportazione della milza (splenomegalia). Nei casi in cui è richiesta, l’asportazione radicale della milza può avere un obiettivo di cura, di palliazione o di risoluzione di complicanze di altre procedure. La splenectomia può essere eseguita con tecniche convenzionali che comportano l’apertura dell’addome oppure con approccio mini-invasivo: la scelta della tecnica da impiegare dipende dalla dimensione della milza da asportare, dalle condizioni del paziente e dalla presenza di eventuali precedenti interventi chirurgici sull’addome. È importante rimarcare che la splenectomia può essere necessaria anche in pazienti con malattie estese in cui il coinvolgimento della milza è solo una delle sedi di malattia, oppure nei casi ad alto rischio di rottura della milza e in quelli di ipersplenismo (con abbassamento dei livelli di globuli rossi, bianchi e piastrine nel sangue). Solo nell’ambito di una discussione collegiale è possibile una corretta valutazione del bilancio rischio-beneficio, fondamentale per evitare eventi che possano mettere a repentaglio la vita del paziente inficiando i risultati ottenibili con le migliori cure farmacologiche. Per questo, all’interno dell’Istituto Nazionale Tumori, esistono dei percorsi di accesso rapido ad una valutazione chirurgica dei pazienti ematologici con caratteristiche di malattia tali da farli ritenere ad alto rischio.